giovedì 27 gennaio 2011

Seconda danza della sospensione

La figurazione che si staglia
è una toccante immensità.
Lo sguardo declina
per affascinare l’ossigeno.
Sembra quasi un’espansione irraggiungibile
simulacro di riflessi cangianti
liturgici e iridescenti.

Siamo tangibili sagome cineree
incapaci alla comunione sensibile
se non facendoci all’orizzonte consonanti.

Ah! Difficoltà della fisicità!

Il desiderio è impregnato
dell’architettura reale dell’irrazionalità.
Tutto si concilia con l’oscillazione
dello sguardo.
Un gelo ceruleo
s’incarna nelle piccole fessure della pelle
con moti terapeutici
incantevolmente stranianti
e linfatici
che coadiuvano
la riconsiderazione epifanica
del componimento visivo
e sensibile
del nostro essere.

martedì 25 gennaio 2011

Prima danza della sospensione

Elettricità autostradale
che assopisce.
Decine di chilometri catramosi
scivolano sotto la tua bellezza
questa notte.
Mentre ascolto il contrappunto degli archi
cerco di non distrarre
la tenuità compiacente
di una luna di porcellana che si posa sul tuo velluto.
L’orizzonte continuo rimane
pressoché immobile davanti a me,
mentre penso che dovrei
sempre tenermi una penna
e un pezzo di carta in macchina.
Ma penso anche
che a volte sia meglio
lasciare galleggiare le piume
sulle onde.
Il calore dell’allusione
secca un poco le note
ma la nebbia da fuori, emolliente,
porta a te le armonie che
confusa nel dormiveglia
di una stanchezza carica di significati
sorridi.

Tra poco saremo a casa.
Tra poco ti sognerò.

La campagna

[In macchina, lungo la campagna].

Si tratta di storia e terra
di quella provincia trevigiana
pianeggiante, particolare nelle su forme
tipicamente orizzontali.
Le curve dell’asfalto
distraggono la visuale
da lunghe rogge secche in cui Natura
ricama piccoli pruni
dall’odore di terra fertile, umida.
Sebbene l’incanto,
rimane sempre del fango sotto i piedi
perché anche la sete, in questa provincia
è piuttosto pianeggiante.
Si tende a rimanere statici di fronte a ciò
possibilmente ancorati
in questa provincia
sospesa sull’acqua.
Così è più il verde che il blu,
nonostante i riverberi mattutini
sveglino puntualmente gli spiriti
che si cullano
nei meriggi tra i granelli scuri
della torba.

Se ti fai sfiorare, comunque non ti lasciano.
Sanno attraversarti e intridersi
dentro di te.
Tra un’acacia e un traliccio
si spremono
colori definiti [per chi li vuole cogliere]
immersi in un tempo
che non si lascia passare.
Diventa importante
cogliere la funzionalità
di queste geometrie di conservazione
[e riconoscere i passi che le acque hanno sostenuto].

Può anche capitare di rimanere imbrigliati
nei riflessi ghiacciati
della galaverna,
ultima costellazione rimasta
dell’amore armonioso
tra il cielo e la terra.

lunedì 17 gennaio 2011

Sul mare

È un vuoto che fa paura.

[È un vuoto che fa paura per la sua pesantezza].

Ne rimaniamo impregnati, di questo vuoto.
Entrambi esitanti nel silenzio
nella nebbia
sul mare
d’inverno.

Ed un fremito ci coinvolge
nell’aroma dell’immensità
in questo spessore salino
in questa fissità di particelle.

È un dono divino – penso.
Mi convinco che non sia un caso
se siamo sospesi
se siamo soffusi
se siamo invasi
se siamo spogli.

È un dono divino – penso.
perché tutto è annullato [tranne te]
tutto è segreto [tranne te]
tutto è in attesa [come me].

È un dono divino – penso.
Se ora riesco ad assisterti, a spiarti
più vicina
più con-fusa a me.
Se riesco a scrutarti e conoscerti
se posso sentire il tuo riflesso
luminoso
in questa sera sospesa.

A volte abbiamo bisogno di un nulla
così immenso, così
pregno di sogni
per sentirci vibrare all’unisono
armoniosi
sensuali
per sentirci sublimare nei nostri desideri
più intimi
più incantati.

lunedì 10 gennaio 2011

Ho spento un altro interruttore.

Ho spento un altro interruttore.
Consumavo troppo!
L’affaticamento comportava più dispersioni che efficienze.
Era uno stridere pungente e frizzante – da annusarsi.
Trasloco psicofisico.
Metempsicosi di sensi e fotogrammi.
Esistono giorni in cui è meglio – forse necessario- ridipingere una parete
sporca delle impurità degli anni.

[l’odore dell’intonaco fresco confonde, copre e disperde i tratti sbagliati e i vicoli ciechi del disegno]

Niente viene rimosso
tutto viene messo al proprio posto
con l’eleganza di un ordine arancio, dorato e a tratti violaceo.

I quadri vecchi vengono appesi nuovamente
più per compiacenza ed illusione
che per estetica.

E i frangenti sono parabolici,
l’inclinazione inizia elevata e si conclude
veramente infima.

Sono tratti di paesaggi
impressi in vecchie superfici sensibili
ormai consunte dagli sguardi – ed è ora di gettarli!

Il tempo resta quasi impercettibile
non c’è né fretta né calma
e lentamente si fa sera.

È preferibile scegliere con molta attenzione
ed eliminare l’ininfluente.
Non si tratta di prospettive, si tratta di selezioni.
È un po’ come cambiare casa:
l’importante è sapersene scegliere una con una stanza in più.