venerdì 25 febbraio 2011

Lo scostamento n. 2

Tempo è niente.

Abbraccio inviolabile
curvato
in un unico
esatto
istantaneo punto di curvatura
[perfetto!].

Trovarsi catapultati in un amplesso
di coscienza
permettersi di evadere
dal tradizionale
spostarsi dal sensoriale all’etereo.

Basta un semplice salto nel vuoto
nell’invisibile agli occhi umani
[grandiosamente complessi
ma pur sempre troppo umani].

Lo scostamento

Tutto è il Caos.

Curiosa congiunzione di eventi
irreprensibilmente congruenti
determinanti
il preciso ordine spirituale
e temporale dello stallo.

Si crea così
l’istante del raggiungimento
della piena coscienza di se stessi
l’istante di svanimento
del funicolo latore
di emozioni parenterali
che fin lì
ha costretto alla statica
ineluttabile
inerziale
circostanza degli eventi.

È il palpito
percepito nel distacco
nella perdita di aderenza
nei suoi termini più puri
e più valenti.

[È un attimo
un attimo unico
e preciso
perché se confuso
diventa passato
quindi irraggiungibile
quindi evaso].

martedì 22 febbraio 2011

So piangere

Credo che prima o poi
uno lo capisce
che nel rapimento crepuscolare del sole
che si veste della notte
incorniciato da un’eleganza di movimenti
impercettibili
incalcolabili e inafferrabili
si coniugano espressioni
e violazioni
che vanno ben oltre l’umana capacità
di sapersi togliere
dei vestiti così troppo stupidi
e pesanti
e limitanti.

Credo che prima o poi
uno lo capisce
di aver perso quella puerile
capacità di emozionarsi
di fronte alla vita
di commuoversi con Ella
e di sentirsi libero
di carpirne ogni sfumatura
arancione
e a tratti violacea.

Credo che prima o poi
uno impara
non a dimenticarsi
dei colpi subiti
ma a curarsi le lesioni
come uno spirito puro
più capace di godere
per la pelle rimasta illesa
che di incespicarsi
nel passato di vecchi segni
e lontane ferite.


Perché gli uomini
quelli con tanti muscoli
[io ne ho solo uno]
quelli
sedicenti uomini
credo abbiano dimenticato
che la rugiada fresca
vergine
feconda le gemme
pure e chiuse
per dar vita a piccoli occhi
di vetro
inciso di perfezione
e della gratitudine che
solo dal profondo può venire mossa.

E le gocce di luminosità
vengono a far conoscere al mondo
impavidamente
l’assonanza concessaci
della pelle con la terra
e dello spirito con dio.

mercoledì 16 febbraio 2011

Terza danza della sospensione

Continuerò a guardare nel cielo
per osservare il lento movimento delle nuvole
astuto
e cercare di capire
se ha realmente senso comprendere
fino a dove sia riuscito a spingere
la mia profonda intenzione.
O forse è più perfetto
lasciarsi rapire dall‘incanto
frugale delle costellazioni
di gentili commozioni gradite.
Con voli magnifici
mi sono lasciato sollevare
da movimenti metafisici
nell’immensità dei sogni
per raggiungere una luce infinita
[una in particolare, quella più luminosa
quella che da sempre
attendeva il momento di attraversare
la cornice di una finestra socchiusa
più per l’attesa
che per la paura di soffocare].

Sono attimi infiniti di
torpore
umano ed intimo
per la loro sospensione
e il rapimento in cui
nuovamente mi bagno, avvolto
dal tuo profumo, mi
aiuta a sentirti e
finalmente
e quietamente a
diventare
esistenza con te.

lunedì 14 febbraio 2011

E rannicchiarsi nel cuore

E poi capire
che c’era un motivo ben speciale
se mi addormentavo
con la finestra lievemente aperta
verso un cielo
con milioni
miliardi di stelle
di cui una sola sarebbe riuscita a scivolare
lungo la via del cielo
[come scrivesti tu].

E poi capire
che c’era un motivo ben speciale
se i miei balzi
fuori dalla stessa finestra
potevano continuare
a preservare solamente
immancabilmente
lo stesso nulla
di allora.

E poi capire
che c’è un motivo ben speciale
se vale la pena
di aggrapparsi ai sogni
gelosamente
custoditi da una stella
in un universo
di immensità radiosa
ed intimamente gitana.

[e capire
che il motivo ben speciale
sono i profumi e le armonie e i colori e i sapori
di questa estate estatica di movimenti ed intenzioni].

mercoledì 9 febbraio 2011

Riposo

C’era una sottile crepa nel muro di fronte a me, nelle vicinanze del telaio della finestra. La crepa assomigliava ad una S che fosse stata stirata e straziata verso l’alto, fino a renderla plasticamente deformata e in equilibrio con le venature di un fugace intonaco steso sul muro. In corrispondenza della pancia destra della crepa, a qualche centimetro di distanza l’intonaco bianco sporco era stato graffiato dallo spostamento di un qualche mobile e il canale che si era così creato giocava con i pochi watt di luce all’interno della stanza, a formare sterili ombre che la mia mente, in quel momento piena e pesante, prendeva e muoveva come una religiosa processione fino al confine con l’oscurità totale della fessura tra l’armadio e il muro. Mi parve di cogliere l’impulso incontenibile di piccole entità senza forma né colore, tant’erano piccole, verso la silenziosa immensità dell’oscurità.
Fui rapito da quel convulso coraggio che mi abbandonai alla stanchezza fisicamente sensibile e mi lasciai scivolare in un volo sospeso, immerso nel nulla attorno a me. Uscii da cotanta immonda materialità, da cotanta corrotta fisicità e potei percepire l’afflato di me salire verso un’eterea sensazione di pace. Mi fusi con l’aria attorno a me, che era dentro me, che era diventata me. Percepii la distanza dal mio corpo, da ciò che rimaneva di quel preciso assembramento di ossa e carne e da tutto ciò che sistematicamente mi trasmetteva. Salii nell’oscurità. Non esisteva il peso, non percepivo caldo o freddo, non avevo più corpo. Non c’erano rumori o suoni, non c’erano odori, sapori, nulla.

Solo catarsi.

Melodrammi testosteronici

1
Anatomia di epidermidi imperfette:
lui stabile, lei vertiginosa.
Estremamente incelabile
l’impeto arrogante del riverbero
universale ed univoco
epifanico di endemica distrazione
manchevole di semplice definizione
[scontato e quasi del tutto prevedibile].

2
Si viaggia in stormi compatti auto-insufficienti
al contempo intimamente agonistici
sterilmente scoloriti in questo tempo:
sono singolari e trascurate epilessie.

3
Cellule non levigabili
giacciono tenute dormienti
senza che alcun impulso esterno
le fecondi con una sorta d’instabilità pulsionale.
Troppo umanamente terreni!
Troppo umanamente fecali!
[quale dunque il disegno a ciò connesso,
per cui si sia perso – o mai ricevuto – l’insegnamento,
l’educazione all’espressività tangibile?
Ed ancor più arbitrario il consenso, tra simili, accordato].

4
Viscosi afflati di incomprensibile delirio
fremono su asfalti ben levigati
esteriorizzati ed amplificati
da fredde carcasse metalliche.
Provengono stucchevoli suoni
dall’intestino delle loro scorze
lucide, fors’anche nuove (ma codesto è un futile tormento!)


E l'esteta della vita si compiange nel vedere questo accostamento di epidermidi avvinghiate in amplessi senza tempo.

martedì 8 febbraio 2011

Il capriccio dell'umiltà

Suona un violino
iperaccordato in la maggiore
e i palpiti si diffondono
in questa notte
gonfia di cecità.

Una gabbia viscerale
di prepotente costrizione
che pone freni subdoli
e davvero stupidi
all’ascolto
mi è giunta impetuosa pochi istanti fa.

Ma ora
il fervore liberatorio
è di Paganini.

Il sorriso
non troppo velato
si era accomodato su un velluto rosso
non costoso
e molto semplice
tuttavia rispettoso
accogliente basse coscienze
o forse solo ancora puerili
che mi hanno distratto dal lavoro.

Allora ho indicato con lo sguardo
la dissonanza.

[e Paganini non ripete].

Ci sono fiori viola

Ci sono fiori viola
lungo il ciglio della strada.
Non li avrei notati
se non mi fossi fermato
per osservarli.

Questi fiori
diventeranno grandi – pensai.
Ma ancora adesso alcuni di essi
vengono calpestati.
Solo per la loro singolare fragilità
solo per la loro differente perfezione.

È quasi una legge
di natura
o forse è più una secca
abitudine che si è radicata.

Se non mi fossi spogliato
della mia velocità
della mia evidenza
non ne avrei mai colto il profumo.

[gli uomini tendono ad impossessarsi della bellezza
strappandola dalle mani del mondo
pensando che il ricoprirsi di un’omogenea complessione
possa emancipare lo spirito dalle naturali dissonanze armoniose
non capendo, così facendo, di distruggerla]

Io mi sono avvicinato
per poter sentire fluire
il loro prezioso afflato pedagogico
su di me
senza violarli.

Ma qualcuno in qualche modo li offenderà.
Per questo
come uomo, chiedo scusa
per questo
come uomo, ne sosterrò la rivoluzione.

martedì 1 febbraio 2011

L'edera

Lo sguardo si schiude
con impacciata timidezza
mentre il candore che filtra da fuori
viola l’intimità residua ancora sopita.

La voluttà si confonde
e a piccole lacrime
stilla un incanto estatico
sui corpi avvolti nelle prime luci del mattino.

(Vaghi i ricordi della luna di ieri
o meglio confusi, ancora ovattati).

Un barlume fosforico s’accende
innestando consapevolezza
nella carezzevole livrea
garante delle più seducenti bramosie.

La verticalità s’innesta
in un’effigie serafica
di istanti trascorsi
e di desideri vespertini.

E nella luce alimento il mio fervore.

Se qualcuno provasse a chiamarla vendetta

Prenderò in mano Narciso e Boccadoro
e un disco di De Andrè
perché i fucili non mi sono mai piaciuti.
Salirò in macchina per correre
più in alto possibile
[ho già in mente un posto dove andare
mi ci hai portato tu, tempo fa.
Tornerò lì per respirare la tua vita
così come me la hai donata
così come me ne hai parlato].

Mi porterò una bottiglia di vino
rosso
dimesso compagno di viaggio
e un pezzo di carta
[il mio quaderno è morto partigiano]
e una matita.

Suonerò le parole più accorte
per tingere il mondo di colori tenui
[pastello e fervore]
e giocherò a scegliere i respiri più intensi
per dare palpiti alle mie bramosie
e scriverò fino al tramonto
e la contemplazione
sorreggerà l’esperienza dei timbri
che dipingono l’armonia cosmetica del mondo.

Poi tornerò
da qualche parte.
Tornerò a me stesso.
Tornerò in me stesso.

[tornerò a casa].