La figurazione che si staglia
è una toccante immensità.
Lo sguardo declina
per affascinare l’ossigeno.
Sembra quasi un’espansione irraggiungibile
simulacro di riflessi cangianti
liturgici e iridescenti.
Siamo tangibili sagome cineree
incapaci alla comunione sensibile
se non facendoci all’orizzonte consonanti.
Ah! Difficoltà della fisicità!
Il desiderio è impregnato
dell’architettura reale dell’irrazionalità.
Tutto si concilia con l’oscillazione
dello sguardo.
Un gelo ceruleo
s’incarna nelle piccole fessure della pelle
con moti terapeutici
incantevolmente stranianti
e linfatici
che coadiuvano
la riconsiderazione epifanica
del componimento visivo
e sensibile
del nostro essere.
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