Suona un violino
iperaccordato in la maggiore
e i palpiti si diffondono
in questa notte
gonfia di cecità.
Una gabbia viscerale
di prepotente costrizione
che pone freni subdoli
e davvero stupidi
all’ascolto
mi è giunta impetuosa pochi istanti fa.
Ma ora
il fervore liberatorio
è di Paganini.
Il sorriso
non troppo velato
si era accomodato su un velluto rosso
non costoso
e molto semplice
tuttavia rispettoso
accogliente basse coscienze
o forse solo ancora puerili
che mi hanno distratto dal lavoro.
Allora ho indicato con lo sguardo
la dissonanza.
[e Paganini non ripete].
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